Carlo nacque a Madrid il 20 gennaio del 1716, primogenito di Elisabetta Farnese e Filippo V. La madre era la seconda moglie del re di Spagna, la cui successione al trono era però costata una lunga guerra, con la perdita dei possedimenti italiani ceduti agli Asburgo di Vienna. Il matrimonio tra Elisabetta e Filippo, celebrato nell’autunno del 1714, permetteva perciò agli Spagnoli di rimettere piede nelle cose italiane. La Farnese era, infatti, erede di Parma e Piacenza e vantava diritti anche per la Toscana, dove i de’ Medici erano in via di estinzione. Suo figlio avrebbe quindi potuto riunire sotto il proprio dominio quei potentati italiani, eventualità osteggiata da Vienna, fermamente decisa a mantenere l’egemonia sulla penisola italiana. Ciò che tuttavia appariva scontato al momento della nascita era che Carlo non potesse ereditare la corona di Spagna, poiché vivevano all’epoca della sua nascita ben tre fratellastri maggiori (Luigi, Filippo, Ferdinando), frutto del precedente matrimonio del padre con Maria Luisa di Savoia. Impegno quindi di Elisabetta fu di assicurare al figlio l’eredità materna, piegando l’opposizione austriaca.
Carlo fu educato in previsione che sarebbe stato reggitore di stati. Secondo l’etichetta di corte, per i primi sette anni fu allevato dalle donne della Casa della regina, affidato alle cure della marchesa di Montehermoso. Con il compimento del settimo anno, passò sotto la tutela della Casa del Re. Il suo primo ajo, Francesco Spinola, duca di San Pedro, affidò l’educazione prevalentemente ai gesuiti, che furono anche i confessori del principe.
Già nel corso dei primissimi anni di vita di Carlo, gli sforzi di Elisabetta furono di assicurare l’eredità dei domini farnesiani e medicei. Aderendo alla Quadruplice, Filippo ed Elisabetta avevano ricevuto solo vaghe promesse sull’eredità di Carlo, sulla quale, peraltro, veniva sancito il vincolo feudale detenuto dall’Imperatore. Per rompere l’emarginazione diplomatica, si avviarono allora trattative, che posero al centro, nonostante la giovanissima età, le unioni matrimoniali degli infanti e delle infanti di Spagna con principi e principesse francesi. La sorella di Carlo, Maria Anna, di appena quattro anni, venne fatta partire alla volta della corte di Versailles, dove si sarebbe provveduto alla sua educazione e poi al matrimonio con Luigi XV. Luisa Elisabetta, figlia del reggente di Francia Filippo d’Orleans, veniva in Spagna dove sposava il primogenito di Filippo V, Luigi. Un’altra sorella, Filippina Elisabetta, la principessa di Beaujolais, altrettanto raggiungeva Madrid perché promessa sposa dell’ancora bimbo Carlo. I matrimoni erano finalizzati al superamento dei contrasti tra le due corti borboniche e quindi ad appoggiare le rivendicazioni sui domini materni da parte dell’infante Carlo, ma gli accordi dopo pochissimi anni saltarono per la morte del Reggente. Luigi XV infatti sposò la polacca Maria Leszczyński, mentre la piccola Mariannina nel 1725 fu rispedita a casa. Elisabetta, ferita nell’orgoglio, aprì clamorosamente trattative con gli Asburgo. La pace di Vienna del 1725 prevedeva il doppio matrimonio dei figli maschi di Elisabetta, don Carlo e don Filippo, con le arciduchesse austriache. Carlo avrebbe dovuto sposare la primogenita di Carlo VI, ponendo così un’ipotetica elezione a futuro imperatore. Gli accordi matrimoniali non furono mai raggiunti, perché Carlo VI non aveva, in realtà, nessuna intenzione di dare in sposa la primogenita al figlio di coloro che erano stati suoi acerrimi nemici. Elisabetta, capito che gli accordi erano un bluff, riallacciò le relazioni con le potenze dell’Europa occidentale. Si arrivò così al trattato di Siviglia nel novembre del 1729 con Francia e Inghilterra: l’infante Carlo doveva essere messo in condizione di raggiungere l’Italia per prendere possesso dei domini materni di Toscana, Parma e Piacenza, sostenuto da un adeguato numero di soldati. Le potenze (a cui poi si aggiunse l’Olanda) avrebbero sostenuto militarmente l’infante nel caso fosse persistita l’opposizione viennese. L’intervento però tardò a venire, finché la situazione precipitò alla morte nel gennaio del 1731 del duca Antonio Farnese e l’occupazione militare da parte austriaca a sostegno della messa in scena della vedova, la quale annunciò di essere incinta. La Spagna richiamò al proprio dovere i firmatari del trattato. L’Austria quindi dovette lasciare campo libero alla presa del possesso dell’infante. Carlo lasciò Siviglia nell’autunno del 1731 alla volta dell’Italia, scortato da un robusto contingente spagnolo trasportato dalle navi inglesi. Toccante fu la cerimonia del congedo dai genitori: il padre gli donò la preziosa spada che Luigi XIV gli aveva dato quando lasciò la Francia, mentre Elisabetta non fu in grado di nascondere una forte emozione.
Carlo sbarcò a Livorno il 27 dicembre 1731, accompagnato da una corte i cui componenti erano stati scelti da Elisabetta. A capo c’era l’aio del principe Manuel Domingo de Benavides y Aragón, conte di Santisteban, che venne nominato mayordomo major. Preoccupazioni si ebbero per la sua salute, poiché contrasse il vaiolo. Guarito, ebbe tuttavia, come la madre, il volto deturpato dagli effetti della malattia.
L’arrivo dell’infante in Italia fu salutato assai positivamente: la prospettiva della sua signoria fu apprezzata a Firenze, che lo accolse calorosamente, mentre il Senato decretava la successione a Gian Gastone de’ Medici, senza attendere l’approvazione dell’imperatore, cosa che indispettì Carlo VI. Altrettanto gioiosa fu l’accoglienza a Parma e Piacenza.
Negli anni successivi Carlo visse con la nonna materna Dorotea Sofia. Tuttavia, la congiuntura internazionale presentò l’occasione di più ambiziosi piani: la successione polacca fece esplodere un nuovo conflitto in Europa che pose ulteriormente in crisi gli equilibri in Italia. La Spagna strinse un’alleanza antiasburgica con la Francia che prevedeva l’impegno militare in Italia, ma dopo che Filippo aveva inviato a Parma José Carrillo de Albornoz, conte di Montemar a capo dell’esercito, contrariamente a quanto pattuito di una guerra nell’area padana a fianco dei Savoia, Carlo fu fatto scendere al sud, dove si impossessò rapidamente del Regno di Napoli mal difeso dagli Austriaci.
Il Regno veniva conquistato in nome di una rivendicazione spagnola, ma Filippo V lo cedeva al figlio che diventava sovrano di quello che Elisabetta definiva «il più bel regno d’Italia». Carlo entrò trionfante a Napoli il 10 maggio. Il giovane procedeva poi alla conquista della Sicilia, ricevendo la corona nella cattedrale di Palermo. I due regni restavano separati e Carlo fu sovrano di “entrambe” le Sicilie e non “delle due Sicilie”, come ancora oggi alcuni storici erroneamente indicano.
Il costo della conquista fu tuttavia alto. Con le trattative di pace, le ragioni dell’equilibrio europeo imposero che lo spazio borbonico acquisito dal giovane sovrano fosse ridimensionato. Carlo perse i diritti sulla Toscana e il dominio di Parma e Piacenza. Consapevole della maturazione degli sfavorevoli orientamenti internazionali, provvide per un rilevante trasferimento a Napoli del patrimonio farnesiano artistico e archivistico. La madre, nel frattempo, provò a rilanciare la proposta di un matrimonio tra Carlo e una delle granduchesse austriache (Maria Teresa dal 1736 aveva sposato Francesco Stefano di Lorena), ma riscontrata ancora una volta l’opposizione dell’imperatore, con grande rapidità si adoperò per siglare un accordo matrimoniale con i Wettin. Carlo avrebbe sposato la giovane, Maria Amalia, figlia di Federico Augusto II, Elettore di Sassonia e sovrano di Polonia col nome di Augusto III. La principessa, oltre a essere di rilevante ascendenza aristocratica, aveva come nonna la vedova dell’imperatore Giuseppe I, ponendo Carlo nella condizione di rivendicare una possibile successione ai beni asburgici, nonché l’elezione al titolo imperiale. Maria Amalia sposò per procura Carlo a Dresda il 9 maggio 1738 e giunse al confine del regno il 19 giugno 1738.
Il matrimonio, superati iniziali problemi sessuali dovuti alla totale assenza di educazione del re in tale campo, fu felice: Carlo amò la moglie e, sulla scorta dell’esempio materno, organizzò la vita coniugale in modo che la coppia vivesse congiunta la maggior parte del tempo. La prole fu numerosa e il re amò teneramente le figlie e i figli. Maria Amalia condivise buona parte dei gusti del sovrano ed entrambi si influenzarono dal punto di vista religioso, con pratiche che in alcuni casi sfociarono in forme di accentuato bigottismo.
Carlo, descritto al suo arrivo in Italia come un ragazzo assai timido e impacciato, fin al matrimonio era rimasto abbastanza ai margini delle decisioni politiche, che venivano prese dal Santisteban in accordo con la Spagna. L’ambiente napoletano però iniziò a trovare insopportabile il controllo dell’aio e quindi la stessa Elisabetta favorì un ricambio al momento del matrimonio, e al Santisteban subentrò José di Montealegre, marchese (e poi duca) di Salas. Tra le azioni di rilievo della nuova monarchia c’era stato il forte impulso all’edilizia residenziale. Ispirandosi ai diffusi siti reali spagnoli, furono costruite numerose residenze dove la famiglia reale si ritirava per praticare il suo grande passatempo della caccia. Ma oltre che essere luoghi di “delizia del sovrano” i siti reali erano anche unità produttive agricole e per l’allevamento. Il sovrano, inoltre, dotato dall’esempio materno di sensibilità musicale, promosse a Napoli la costruzione del teatro San Carlo. Dopo il 1741, a seguito della minaccia che si era verificata all’inizio della Guerra di Successione austriaca, con la flotta inglese che minacciò di bombardare la capitale, Carlo elaborò il piano di trasferimento della reggia e delle funzioni governative all’interno del Regno. Nacque così il grande progetto della reggia di Caserta, affidato a Vanvitelli, che doveva essere centro di governo, celebrazione della monarchia e delizia del sovrano, ma che Carlo non vide mai compiuto. Il sovrano diede poi impulso alle scoperte archeologiche e fondò l’Accademia Ercolanense.
Carlo fu lungamente un re “sotto tutela”. L’esercizio dell’effettivo potere decisionale fu assai limitato nei primi anni, poiché gran parte delle decisioni erano prese a Madrid. Già con il matrimonio il sovrano mostrò una maggiore sicurezza e consapevolezza del suo ruolo e, d’altra parte, gli stessi capitoli matrimoniali avevano previsto un ruolo maggiore della coppia nel governo del Regno. Ma il vero salto dell’impegno del re si ebbe a seguito della battaglia di Velletri dell’11 agosto 1744. Carlo a capo dell’esercito sconfisse gli Austriaci che stavano tentando di spodestarlo: il Regno era ormai saldamente nelle sue mani. La sua azione diretta di esercizio del governo si affermò poi definitivamente con la morte del padre nel luglio del 1746. Da quel momento Carlo effettivamente acquisì la totale autonomia. La stagione, tuttavia, di un felice riformismo, proprio allorquando Carlo assumeva un ruolo attivo, stava volgendo al termine e le forze tradizionali del Regno (feudalità, ecclesiastici e ceto togato) stavano riprendendo il sopravvento, vanificando le riforme, soprattutto quelle di natura fiscale del primo decennio. Segno anche del ripiegamento delle riforme fu l’espulsione degli Ebrei dovuta alla resistenza delle forze ecclesiastiche, che facevano leva sul carattere religioso di Carlo e della moglie, assai provati prima per il ritardo della nascita di un erede maschio e poi per la morte della primogenita. La seconda parte del regno si connotò quindi soprattutto per un reflusso delle energie iniziali. D’altra parte, lo stesso Carlo nel corso degli anni Cinquanta era consapevole che l’eventualità di una sua salita al trono di Spagna si stava sempre più concretizzando per la cattiva salute del fratellastro Ferdinando VI. Questi effettivamente morì il 10 agosto 1759. Carlo, quindi, stringeva un accordo con le potenze europee: a lui spettava la corona di Spagna, che sarebbe passata alla sua morte al secondogenito Carlo, mentre il primogenito Filippo, che aveva dato segni di inabilità mentale, veniva escluso dalla successione al trono. Ad ereditare il Regno era il terzo maschio, il piccolo Ferdinando, che restava a Napoli con l’inabile fratello maggiore. Carlo con la moglie e la prole lasciava quindi Napoli il 7 ottobre 1759, per proseguire la sua vita di sovrano in Spagna, dove sarebbe morto nel 1788.
Giulio Sodano